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“Le domande sono la risposta.”
– Anthony Robbins
Al centro del Coaching sta la capacità di porre domande: sono parte essenziale del tuo bagaglio e lo strumento principale per sostenere le altre persone nel loro viaggio di scoperta.
Lo scopo di porre domande
Il musicista Brian Eno ha affermato che la ragione per cui le persone conversano è per scoprire cosa pensano. Questo è anche lo scopo principale delle domande poste durante il Coaching.
Per poter rispondere alle tue domande l’altra persona deve accedere ai propri pensieri, organizzarli e articolarli.
Questo promuove maggiore coscienza, il che è il primo passo verso la condizione in cui si hanno più opzioni e si possono attuare cambiamenti.
Rispondendo alle tue domande, spesso le persone scoprono pensieri, convinzioni, opinioni, valori e idee che non sapevano di avere.
A volte sono stupite, quando alla loro coscienza affiorano informazioni che erano rimaste precedentemente inconsce.
Tutti noi siamo capaci di convincerci di cose che non hanno alcun senso…e infatti lo facciamo.
È solo dopo aver sondato i fondali del nostro essere e aver portato alla luce quanto era nascosto che riusciamo a vedere chiaramente quanto irrazionali fossero certe nostre idee.
Le domande migliori portano il cliente più a fondo nella sua esperienza e rivelano aspetti che gli erano sconosciuti: una delle prime cose che devi fare quando aiuti un’altra persona ad affrontare una particolare questione, è aiutarla a comprenderla meglio.
Talvolta basta solo questo perché la persona riesca a risolverla. Sa cosa fare e come farlo, e il problema scompare.
Non tutte le domande sono uguali
Ai giornalisti neofiti, all’inizio della loro carriera, a viene detto che ci sono cinque domande chiave che devono trattare in ogni reportage:
- Chi
- Cosa
- Perché
- Dove
- Quando
Le risposte a questi quesiti vengono spesso riassunte nel primo paragrafo di un articolo.
Data l’efficacia di queste cinque domande nell’arrivare al nocciolo della storia, possiamo valutare di utilizzarle anche nelle nostre attività di Coaching.
Ma ce ne è una che dovresti evitare o, almeno, utilizzare con cautela: la domanda “perché” spesso può suonare come una critica.
Ad esempio “Perché hai lasciato tua moglie?” porterà probabilmente la persona a giustificarsi e a mettersi sulla difensiva.
Chiedere invece, nella medesima situazione, “Qual era la tua situazione quando hai lasciato tua moglie?” permette al cliente di spiegare la propria visione delle cose.
Va usata con cautela anche la domanda “come”, perché stimola il pensiero analitico della mente conscia e spesso la soluzione al problema si trova invece a livello inconscio.
Al posto di “Come intendi risolvere questo problema?” prova a chiedere “Cosa deve succedere perché questo problema si risolva?”.
Possono sembrare domande superficialmente uguali, ma il modo in cui la mente risponde all’una o all’altra è differente.
Fare le domande “sbagliate”
In un qualsiasi punto della sessione di Coaching ci sono letteralmente decine di diverse domande che potresti fare, molte delle quali porterebbero la discussione in una direzione del tutto diversa.
Come decidi che direzione prendere? È un poco come giocare a scacchi. Una mossa apre la possibilità di certe mosse future, ma preclude la possibilità di farne altre.
E se dovessi fare la mossa sbagliata e perdere per sempre delle opportunità?
Non ci sono veramente domande “giuste” o “sbagliate”. Qualsiasi cosa tu chieda susciterà nel cliente una reazione di un qualche tipo.
Se la tua domanda non è in sintonia col cliente, te lo dirà o farà fatica a rispondere e a quel punto puoi farne un’altra di diversa.
Gli “errori” sono raramente irrecuperabili e, anzi, a volte possono portare la conversazione in una direzione inaspettata, ma utile.
Quando non ti viene in mente niente
A volte ci sono momenti in cui non ti viene in mente niente. Può succedere anche ai più esperti, non solo quando sei alle prime armi.
Di colpo non hai idea di cosa chiedere o cosa dire. Cosa fai?
L’opzione migliore è quella di avere pronte una serie di semplici domande preconfezionate, utili in qualsiasi circostanza, per prendere tempo mentre ti chiarisci le idee. Ad esempio:
- In che direzione pensi che stiano andando le cose?
- Cosa provi riguardo a questa cosa?
- Qual è il vero problema qui?
Mentre il cliente risponde avrai la possibilità di tornare nelle condizioni di continuare la sessione con sicurezza di te.
Domande aperte e Domande chiuse
Dato che lo scopo del Coaching è quello di potenziare i clienti seguendo la loro agenda, la cosa migliore è porre il più possibile domande aperte, che permettano alla persona di muoversi nella direzione per lei importante.
Più la domanda è “chiusa” e specifica, più è il filo dei tuoi pensieri a essere sviluppato. Un altro vantaggio delle domande aperte è che fanno emergere molte più informazioni e incoraggiano la persona a esplorare le problematiche.
Le domande chiuse invitano invece a rispondere per monosillabi, sì o no, e condizionano il pensiero in modo analogo. Questa è una delle ragioni per cui andrebbero evitate.
Domande Efficaci
Le domande che arrivano in profondità e stimolano chiarezza sono spesso le più efficaci: portano il tuo cliente a una comprensione più profonda delle sue problematiche, permettendogli di vedere le cose da nuovi punti di vista o di avere intuizioni che lo porteranno ad agire.
Ti accorgi quando una domanda è stata davvero efficace perché la persona spesso fa una pausa e ci potrebbe essere un momento di silenzio mentre elabora le informazioni.
Le domande semplici sono spesso più potenti delle domande complesse. Sono più facili da elaborare mentalmente e raggiungono l’obiettivo con immediatezza.
Le domande più “sciocche” possono essere le più efficaci:
- Cosa vuoi?
- Cosa ti impedisce di fare questa cosa?
- Cosa succederebbe se lo facessi?
- E adesso?
- Quando lo farai?
- Qual è il vero problema qui?
Tuttavia, una domanda è potente solo se arriva al momento giusto: in un frangente diverso potrebbe non avere impatto alcuno.
Una domanda alla volta
È anche importante non investire il cliente con una raffica di domande, perché può essere difficile tenerle tutte a mente contemporaneamente: il risultato è confusione o risposte superficiali.
Le domande possono anche essere inutilmente complesse, il che ha il medesimo effetto negativo.
Come risponderesti alla domanda seguente?
Se dovessi pensare a come sarebbe se tu avessi ancora questo problema tra due anni e potessi evitarlo agendo ora, cosa faresti e di quale supporto avresti bisogno, se ne avessi bisogno?
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